«Sto fluttuando nei corridoi biancheggianti della Stazione Spaziale. Sono privo di peso, di pensieri, di me stesso. Privo perfino del mio passato, focalizzato come sono su questo istante. Da qualche giorno ormai la mia mente e il mio corpo sono scesi a una tregua con l’assenza di gravità. Non è stato facile.
Per la verità all’inizio è stata una vera tortura. Sogni una cosa per tutta la vita, e quando la ottieni gli effetti collaterali sono devastanti. Eh, sì, dopo nove anni nella NASA, gli occhi sempre rivolti alle stelle, lo spazio mi ha imposto il suo pedaggio. Sapevo che sarebbe successo, ma teoria e pratica sono lontani parenti, che talvolta neppure si parlano.
Nello spazio, le regole sono sovvertite, squadernate. Il mio corpo di Homo Sapiens, plasmato da milioni di anni di evoluzione al preciso scopo di rispondere agli stimoli offerti dell’ambiente terrestre, qui si sente “fuori luogo”. E lo è. Che cosa sto guardando? Dove sono i confini, gli Stati, le nazioni? Li ho persi di vista, e non c’è verso di distinguere un Paese dall’altro. Dove sono le linee di separazione politica? Sono invisibili? No, non è questo. Improvvisamente capisco.
In realtà non esistono. E quel che è ancora più incredibile, non sono mai esistite. Mai.»