Una domenica mattina del 1997, nel laboratorio di alti campi magnetici dell’università di Nijmegen, nei Paesi Bassi, il fisico sovietico Andrej Gejm riuscì per la prima volta a far volare una rana. L’animale rimase sospeso, immobile, a fluttuare nell’aria.
Grazie a un sistema di magneti, dopo numerosi esperimenti con bastoncini, gocce d’acqua, pezzetti di formaggio e fette di pizza, il professor Gejm era riuscito a creare un campo magnetico sufficiente a contrastare la forza di gravità.
Questo bizzarro esperimento valse al ricercatore sovietico il premio IgNobel, assegnato ogni anno a dieci ricercatori autori di ricerche “strane, divertenti, e perfino assurde”.
Gejm si accorse che il suo esperimento piaceva tantissimo alla gente. Così decise di tenere delle lezioni “pubbliche”, assieme a dei colleghi dell’Università di Manchester, per effettuare esperimenti che potevano divertire il pubblico e che sicuramente non avrebbe mai potuto realizzare in una seria istituzione accademica.
Durante una di queste divertenti sessioni, dedicate allo studio della grafite, venne scoperto il grafene, un materiale flessibile e allo stesso tempo cento volte più resistente dell’acciaio. Tra un piccolo esperimento e un altro, gli studi sul grafene valsero al professor Gejm il conferimento del premio Nobel per la fisica, che gli fu assegnato nel 2010. Andrej Gejm divenne così il primo ricercatore ad aver vinto entrambi i premi.
A proposito di quelle lezioni “divertenti”, Gejm disse: “Erano guidate unicamente dalla curiosità. È un processo casuale, semplice, magari un po’ strano – persino ridicolo forse, ma senza di esso non ci sono scoperte.”
Le sessioni di Gejm testimoniano l’importanza del gioco, della sottovalutata capacità di vedere il mondo attraverso “la lente interpretativa dell’umorismo e del divertimento”.
La storia è raccontata da Magnus Lindkvist, futurologo e trendspotter svedese, nel suo libro La forza delle piccole idee. Un manifesto (anzi, un “minifesto”, come lo definisce Lindkvist) che sfata molte illusioni che abbiamo sul nostro modo di intendere il futuro e la creazione di nuove idee.
Se vogliamo che si manifesti qualcosa, dice Lindkvist, proviamo a rendere l’esperienza gradevole, proprio come fece Gejm. Sentiremo allora che sì, il futuro ci appartiene, e si costruisce oggi, da ogni singolo individuo, da una piccola grande idea.
L’illusione che il futuro sia un tragitto già scritto, alimentato da grandi visioni e serissime intenzioni, è un’idea tanto diffusa quanto falsa. Non solo le rivoluzioni sono spesso nate da una piccola idea che ha fatto da scintilla, ma molte di quelle invenzioni che oggi riteniamo “grandi” sono spesso nate per gioco, per leggerezza, per caso.
“Il futuro è fatto di persone che hanno voglia di sperimentare, di prendersi dei rischi, di sbagliare e provare ancora,” scrive Lindkvist. “È fatto di capacità di adattarsi, di riconoscere e cogliere le occasioni che il presente offre.”