Pubblichiamo l’intervista a Seth Godin uscita su la Repubblica a cura di Vittorio Emanuele Orlando in occasione della pubblicazione, in Italia del Carbon Almanac, libro nato da un progetto collettivo e volontario di cui Godin è protagonista, coordinatore e curatore.
Che cosa spinge un guru del marketing, che ha all’attivo libri che hanno venduto milioni di copie, da Questo è il marketing a La mucca viola, bestseller tradotti in più di 35 lingue; uno che ha un blog tra i più seguiti del web; uno che, in ultima analisi, ha avuto successo planetario proprio convincendo le persone a consumare di più, a convertirsi alla sostenibilità, ideando, coordinando e promuovendo in tutto il mondo una guida al cambiamento climatico? Lo chiediamo al protagonista, il 62enne Seth Godin mentre esce in Italia Carbon Almanac, nato da un post sul suo blog a seguito del quale ha mobilitato e coinvolto 300 persone, dagli scienziati – una quindicina di italiani – ai fumettisti, in più di 40 Paesi.
Perché un esperto di marketing diventa un attivista ambientale?
«Il marketing sta cambiando, racconta storie vere che si diffondono, che danno alle persone la possibilità di fare la differenza. E il clima ha un problema di marketing. Siamo stati convinti a credere a cose che semplicemente non sono vere e siamo stati persuasi a non fare nulla. Se le persone sanno costa sta realmente accadendo possono fare scelte diverse. Questo è il progetto più importante della mia carriera: cosa c’è di più importante che mettere le mie conoscenze di marketing al servizio di un futuro migliore?».
Chi altro contribuisce al progetto?
«La magia di questo Almanacco è in uno dei nostri sottotitoli: “Controlla il nostro lavoro. Non prendere queste parole per oro colato.” Di conseguenza, non avevamo bisogno di esperti di clima nel gruppo (anche se ne avevamo molti). Ciò di cui avevamo bisogno erano persone che potessero prendere i dati, i documenti e i fatti e raccoglierli, organizzarli e renderli comprensibili. Abbiamo designer, esperti di grafica, matematici, leader di comunità e, soprattutto, persone come me e come voi».
Perché la formula dell’almanacco?
«Gli almanacchi sono raccolte di verità. Sono intrinsecamente disordinati, in quanto una raccolta di fatti non può mai essere perfettamente organizzata. Adoro gli almanacchi perché possono essere sfogliati in qualsiasi modo scegliamo, non c’è un inizio o una fine».
Come concilia il suo essere un’autorità nel campo del marketing con il fatto che il nostro modello di consumo va ripensato profondamente?
«Semplice: sono un ipocrita e lo sono anche tutti gli altri. Ma se aspettiamo un perfetto organizzatore o leader o anche un partecipante senza macchia, aspetteremo molto tempo. Come scrive Brian Eno nell’Almanacco: “Si cerca di evitare l’ipocrisia, ma non è il peccato peggiore. Il compromesso è inevitabile, e infatti dovrebbe essere incoraggiato”. Il pianeta non ha bisogno che smettiamo di consumare. Ha bisogno di noi per valutare il carbonio in modo equo. Abbiamo tutto ciò che serve per risolvere questo problema, e possiamo farlo cambiando il modo in cui consumiamo invece di decidere di vivere in una grotta senza fare nulla».
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