Sebastiano Zanolli. Il conflitto genera energia ma servono ascolto e rispetto.

Guerra e conflitto non sono due concetti coincidenti: la guerra cerca l'annientamento del nemico, mentre il conflitto, se ben gestito, genera soluzioni positive e porta al miglioramento.
Stefano Tomasoni
6 Maggio 2022

A poche settimane dall’uscita del nuovo libroGuerra o pacedi Sebastiano Zanolli, pubblichiamo una sua intervista per Il Giornale di Vicenza, a Stefano Tomasoni.

Se vuoi la pace non preparare la guerra, prepara il conflitto. Ma preparalo bene, in modo che diventi occasione di confronto costruttivo. Perché guerra e conflitto sono cose diverse: la prima è fatta con la volontà di annientare un nemico, il secondo serve a mettersi in discussione per trovare soluzioni condivise. Sebastiano Zanolli, bassanese, esperto di gestione del cambiamento, muove da questo assunto per sviluppare il tema alla base del suo ultimo libro dal titolo e dal contenuto mai così attuale e adatto ai tempi: “Guerra o pace” (ROI Edizioni, 180 pagine). Il libro sarà presentato oggi, 4 maggio, a Valdagno (Palazzo Festari, alle 20.30) con il team Guanxinet.

Zanolli, lei per mestiere lavora nelle aziende sul piano della motivazione: perché ha sentito il bisogno di parlare di guerra, di conflitto e di pace?
Perché negli ultimi anni ho notato che sempre di più le aziende mi chiamavano per problemi che avevano a che fare con la conflittualità tra le persone. Mi sono chiesto: ma è poi vero che in azienda dev’esserci sempre un’atmosfera di letizia e armonia come se fossimo in un monastero? Nessuno dice che debba esserci troppa tensione, ma nemmeno troppo poca, perché altrimenti non si generano soluzioni creative.

E il tema del conflitto come porta al titolo, “Guerra o pace”?
Il libro è stato stampato prima che iniziasse la guerra in Ucraina. Ho pensato di intitolarlo così perché la parola conflitto viene spesso usata in alternativa alla parola guerra, invece sono concetti diversi. La guerra prevede la distruzione dell’avversario, a volte anche a scapito della propria stessa incolumità. Il conflitto invece è una situazione che può essere di attrito, ma in quanto tale genera un’energia che, se ben diretta, può essere usata per comprendere le istanze delle parti e generare una soluzione addirittura migliorativa.

A quali condizioni il conflitto diventa positivo?
Le condizioni sono quelle dell’ascolto e del rispetto della parte antagonista, accettando una regola aurea: non faccio nulla che non vorrei fosse fatto a me. Ecco allora che nel conflitto si cresce e si migliora. Senza dare per assodato che tu abbia torto. Oggi invece siamo in una società che tende a creare fazioni che si danno continuamente ragione e tendono a screditare la controparte.

Succede in particolare nei social, dove il “tutti contro tutti” è ormai la regola.
Si tratta di un conflitto disfunzionale perché non permette la creazione di alcunché di nuovo. Oggi è più facile che questo avvenga proprio per via degli strumenti nuovi che creano situazioni di eco, nelle quali si parla soltanto con quelli che la pensano allo stesso nostro modo.

Leggi l’articolo completo su Il Giornale di Vicenza

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