Pubblichiamo una parte dell’intervista rilasciata per Il Venerdì di Repubblica da Erin Meyer in occasione dell’uscita dell’edizione italiana del suo successo, La mappa delle culture. Articolo di Giuliano Aluffi.
Partecipate a una riunione di lavoro, magari su Zoom, con dei colleghi giapponesi? Per trarne profitto dovete imparare a individuare chi di loro abbia lo sguardo più intenso. È una delle curiose lezioni apprese nei suoi tanti viaggi per il mondo da Erin Meyer, docente di comportamento organizzativo all’Insead di Parigi e autrice di un saggio – La mappa delle culture. Come le persone pensano, lavorano e comunicano nei vari Paesi (Roi Edizioni, pp. 224, euro 24) – che spiega quali incomprensioni, figuracce e alterchi possano scaturire dall’incrocio con altre culture. E naturalmente tutte le precauzioni che possiamo prendere per dare il meglio in un team multiculturale.
A cosa serve capire, in una riunione con colleghi o clienti giapponesi, chi ha lo sguardo più intenso?
«Una volta, alla fine di una presentazione di fronte a trenta giapponesi, ho chiesto se ci fossero domande. Nessuno ha alzato la mano. Così mi sono riseduta, ma un giapponese che come me insegna all’Insead mi ha detto: “Erin, credo che ci siano delle domande. Posso provare?”. Io l’ho lasciato fare e ho visto che si è messo a scrutare intensamente i partecipanti. Dopo qualche secondo ha indicato una donna chiedendole: “Lei ha una domanda, giusto?” Con mia grande sorpresa la donna rispose: “Sì, certo” e formulò un’ottima domanda. La stessa scena si ripeté per altre due volte. Alla fine chiesi al collega: ma come sapevi che quelle persone avevano domande, se quando l’ho chiesto io avevano fatto scena muta? E lui mi spiegò: “Devi capire chi ha lo sguardo più intenso.” Il fatto è che nella cultura giapponese, altamente formale, se chiedi direttamente “Chi ha domande?” La maggior parte delle persone volgerà lo sguardo altrove. Alcuni però manterranno il contatto visivo con te, pur rimanendo in silenzio. Ecco, sono loro quelli che hanno domande, ma se tu non li inviti a pronunciarsi, non le faranno mai.
Veniamo a noi italiani: quali incomprensioni rischiamo quando lavoriamo in contesti multiculturali?
«Se un italiano ha un capo americano, il momento più rischioso è quello dei momenti di revisione della performance. Perché negli Stati Uniti è considerato molto più importante che altrove preservare l’autostima dei dipendenti, e c’è la regola dei tre elogi prima di ogni critica. Gli italiani e i francesi, ascoltati i tre elogi, tendono ad andare in sollucchero e a ignorare la critica seguente. Così escono dalla riunione col capo americano pensando che tutto sia andato benissimo, non correggono l’aspetto che non piace al capo e finiscono per deteriorare la relazione di lavoro.