Tutto quello che tocco si trasforma in avventura, ma qui si esagera. Sta per succedere qualcosa di folle e impossibile. Sta per succedere davvero e adesso. Non ci posso credere. Poi torno a concentrarmi. Non c’è nessun margine per divagazioni o esitazioni, stiamo per cominciare.
Non perdere di vista il direttore d’orchestra e non cazzeggiare. Svuota la mente.
Tutto intorno, decine di migliaia di persone tengono gli occhi inchiodati su di noi dopo averci circondati al termine di una solenne processione d’accesso allo stadio, durata ore. Aspettano con gioiosa impazienza, addentando i secondi, masticandoli fra conversazioni eccitate e risa. Genitori orgogliosi, bambini sovraeccitati, appassionati di rock, famiglie, amici, uomini, donne, ragazze, ragazzi. Coppie di innamorati si rubano l’ultimo bacio prima dell’inizio. Poi le luci si spengono. Un brusio simile al moto delle onde si alza dagli spalti per infrangersi sotto la volta del cielo stellato del Brasile.
E noi?
Noi, immane stuolo di strumentisti pronti a far esplodere la musica più energica e passionale, tratteniamo il fiato sul campo abitualmente occupato dai calciatori. Il cuore romba, la testa gira. Incredulo e inebriato, ricordo a me stesso che mi conviene respirare. Sorrido, e stringo le palpebre, e poi mi guardo intorno. Non avete idea di quello che sta per succedere. Ogni volta la stessa emozione inesorabile, come lava che attende di affiorare da millenni.
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Fabio Zaffagnini
I miracoli accadono, i sogni si avverano
La storia di Rockin'1000