Quando sei uno sportivo di successo dai tutto per scontato. Guadagni venti/venticinquemila euro al mese e ti sembra normale. Poi finisce la carriera e non vedi più un centesimo, ma la tua testa è ancora programmata su profitti e spese da campione. Così cominci a vivere al di sopra delle tue possibilità, e cominciano i guai seri. Quando ho toccato il fondo, ho scavato per un bel po’, perché avevo ancora la mentalità di un adolescente immaturo che deve solo alzare la mano per attirare l’attenzione di qualcuno pronto a servirgli riverente tutto ciò che desidera. Ero stato abituato così dalla mia famiglia, da mia madre in primo luogo, e poi dalla pallacanestro. Al netto dell’impegno con cui mi ero allenato tutti i giorni in palestra, la verità è che avevo vissuto in un mondo ovattato di comfort e privilegi, dove non avevo avuto bisogno di crescere, di diventare adulto. Poi nella vita reale ho scoperto che quando alzavo la mano, nessuno correva a chiedermi che cosa volessi. Il successo acquisito da piccoli può essere pericoloso, perché interrompe il corso naturale delle esperienze, che comprendono di norma tonfi, cadute, e fallimenti. Il successo rende tutto facile, e ti illudi che questa sia la regola, mentre di fatto è l’eccezione.
In più, ogni campione dello sport è un drogato, e quindi lo ero anche io. Ma niente equivoci, non mi facevo di sostanze illegali, le mie droghe erano perfettamente naturali, e autoprodotte. Ci pensava il mio corpo superstimolato da un costante turbine di emozioni inebrianti. La biochimica di chi vive sul campo di gioco è unica, gli stati d’animo spesso in stato di picco. Noi sportivi proviamo emozioni fra le più intense, viviamo in una condizione alterata di euforia, entusiasmo, trepidazione ed estasi che pochi altri individui sperimentano nel corso della vita. Per noi queste montagne russe emotive durano decine di anni, e la nostra chimica ne risulta modificata radicalmente. Adrenalina, dopamina, serotonina, endorfine: il pacchetto completo dei regolatori dell’umore. Nei miei anni da cestista sono stato un sorridente “biotossico”. Ma non sempre. Nel compendio delle sostanze, ci metto anche il cortisolo, l’ormone dello stress. Oh sì, è così quando prendi sul serio il basket come io lo prendevo, ossia quando niente è più importante, vincere è tutto, e la sconfitta equivale alla perdita di sé, all’annichilimento. Allora perdere è il tuo peggiore incubo e la sconfitta è umiliante, la cosa peggiore che ti possa accadere.