Gabrielle Bernstein

La guardavo e pensavo: “È proprio una civetta”

I miei giudizi diventavano sempre più duri. Se continuo a pensare a qualcosa, alla fine mi scapperà detto in maniera inopportuna. Ed è successo proprio così.

Per anni, mi sono osservata con sdegno mentre esprimevo giudizi. Mi sentivo un’imbrogliona. Eccomi, un’insegnante spirituale che passa il tempo a giudicare. Mi vergognavo per quel comportamento e pregavo spesso per trovare sollievo dalla propensione al giudizio. Volevo disperatamente liberarmi dall’abitudine al giudizio, ma le mie buone intenzioni non erano sufficienti. Con il passare del tempo, i giudizi mi svuotavano. Mi osservavo mentre parlavo in maniera negativa di qualcuno, senza ragione, oppure mi sentivo provocata ed esprimevo un giudizio riguardo a qualche circostanza che conoscevo solo attraverso le notizie trasmesse in Tv. Quei pensieri di bassa frequenza vibrazionale mi esaurivano. Mi sentivo impotente ed esausta a causa della dipendenza dal giudizio. Ma c’era un barlume di speranza: nel profondo sapevo che esisteva una soluzione spirituale al problema. La volontà di osservare e capire i miei giudizi e il desiderio di liberarmene erano sufficienti a guidare i miei passi. Ho esaminato con onestà le mie sensazioni, le convinzioni limitanti e le esperienze che si annidavano sotto la superficie del giudizio. Questa pratica mi ha aiutato a individuare alcuni schemi. […]

Alcuni schemi di giudizio erano facili da individuare, mentre altri più difficili. Ho faticato in particolare a capirne uno e persino ad ammettere che fosse un giudizio. Ho notato che giudicavo alcune donne perché flirtavano con gli uomini e assumevano atteggiamenti sexy. Ero imbarazzata anche solo a osservare questo giudizio, perché risvegliava in me molti sentimenti difficili da affrontare: non ero disposta a indagare che cosa si nascondesse dietro quello schema. Poi l’Universo ha fatto per me quello che da sola non riuscivo a fare e sono stata guidata ad affrontare quello schema difficile, una volta per tutte. Ecco che cosa è successo. Mi ero assunta l’impegno di condurre un corso durante un ritiro di quattro giorni ma, per la prima volta, non mi limitavo ad organizzare l’evento e a insegnare, ma partecipavo. Era una dinamica nuova per me, che fino ad allora ero sempre stata in “modalità insegnante”. Conoscevo molti dei quarantacinque partecipanti all’evento e c’era parecchia complicità nel gruppo. Avevamo molto tempo libero e così c’era la possibilità di conoscerci meglio. Del gruppo faceva parte una donna che mi dava proprio sui nervi. Era bella, giovane, intelligente, divertente e sicura di sé.

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