Sono in piedi su una pista di decollo sferzata dal vento, a Kotzebue, in Alaska; il villaggio, tremila abitanti circa, si trova trenta chilometri a nord del circolo polare artico e si affaccia sul mare di Ciukci. Davanti a me ci sono due aeroplani. Uno mi scaricherà presto nelle profondità dell’Alaska artico, una regione generalmente considerata come una delle più desolate, remote e ostili della Terra. Sono al limite. L’imminente viaggio nell’Artico sarebbe già sufficiente, ma in più non mi piace volare. Specialmente quando si tratta di farlo con aerei del genere: velivoli monomotore, con due o quattro posti. Immaginate delle lattine di zuppa Campbell’s vuote con le ali.
Donnie Vincent percepisce il mio nervosismo. È un cacciatore dell’entroterra, che usa l’arco, e anche un regista di documentari, quantomeno in questa spedizione insieme a me. Si avvicina da dietro, arriva alle mie spalle e parla con voce bassa. “La maggior parte dei piloti, quassù, sono cowboy, uomini di montagna, che bevono whisky. Quel genere di ragazzi che non pensano due volte a farsi coinvolgere in una rissa al bar”, mi dice, sovrastando appena il rumore prodotto dalle gelide raffiche di vento. “Ma voglio che tu lo sappia, ho ingaggiato il miglior pilota in circolazione. Brian è un Top Gun.” Annuisco e lo ringrazio.