Tutto inizia sempre da una mancanza.
La parola desiderio deriva dal latino ed è composta dal prefisso “de-”, che ha un’accezione privativa, e dal sostantivo sidus, sideris, che significa “stella”. Desiderare vuol dire quindi “sentire la mancanza delle stelle”, avvertire l’assenza di qualcosa di alto, di grande e soprattutto di un orizzonte che vada oltre la nostra attuale condizione e in qualche modo anche oltre noi stessi.
Il desiderio, infatti, si distingue dal bisogno, che è qualcosa che riguarda invece esclusivamente le necessità fisiche o psicologiche e che solitamente sentiamo come impellente, da soddisfare il più rapidamente possibile per non compromettere il nostro equilibrio psico-fisico. Ho bisogno di bere acqua, altrimenti vado in uno stato di disidratazione. Ho bisogno di soldi, altrimenti non posso pagare l’affitto. Ho bisogno di rallentare il mio ritmo di vita, altrimenti l’ansia mi consumerà.
Alcuni bisogni possono essere percepiti in modo prepotente, incontenibile e soprattutto continuativo: in questi casi si parla di “compulsione” (si pensi a ciò che percepisce un fumatore quando sente un bisogno irrefrenabile di accendersi una sigaretta via l’altra). Nel desiderio, invece, non ho necessità di consumo immediato, posso rimandare la soddisfazione, posso aspettare. E in questa sospensione tra ciò che provo e quel che vorrei che arrivasse, il desiderio si affina, diviene più chiaro, più definito, più consapevole.
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Francesco Fabiano
La ricerca della felicità: un obiettivo o un momento fugace?
Questo libro dà una risposta a queste domande: la felicità sta nell'andare verso il futuro. Perché la felicità, ed è la tesi centrale di questo libro, è strettamente connessa al concetto di futuro e, nello specifico, a quanto siamo capaci di desiderarlo, immaginarlo e crearlo.