A un altro terzo, nella condizione di fretta intermedia, hanno detto: “L’assistente è pronto a riceverti, perciò vacci subito.” E all’ultimo terzo, nella condizione di minima fretta, hanno detto: “Saranno pronti a riceverti tra poco, ma potresti già presentarti. Male che vada, dovrai aspettare qualche minuto.” I partecipanti allo studio venivano allocati casualmente, e separatamente, ai diversi gruppi.
Mentre si dirigevano, camminando o correndo, verso la destinazione indicata, quei seminaristi passavano davanti a un “complice” degli psicologi, che fingeva di star male. Era accovacciato in un portone a testa china e con gli occhi chiusi, e quando loro si avvicinavano gemeva e tossiva. Era la fase cruciale dell’esperimento: quali seminaristi si sarebbero fermati ad aiutarlo? Alla fine, il 40% dei partecipanti all’esperimento si sono fermati. La determinante principale era la fretta percepita. Nella condizione di massima fretta, si è fermato solo il 10%, contro il 45% nella condizione di fretta intermedia e il 63% nella condizione di minima fretta. Per contro, il fattore personalità aveva un impatto minimale. La ragione per cui ognuno di quei seminaristi aveva scelto la carriera ecclesiastica non contava praticamente nulla. Era la situazione, non la persona, a determinare il comportamento.

La scoperta più importante che deriva da questi esperimenti è che i fattori contestuali sono spesso più importanti della personalità nella determinazione del comportamento. Ciò sfata uno dei miti più radicati nella pubblicità: che i brand debbano identificare un pubblico-target, su cui andranno poi a focalizzare le proprie comunicazioni. L’esperimento ci porta a concludere che i brand dovrebbero concentrarsi su contesti-target, oltre che su pubblici-target. Nei capitoli successivi avremo la possibilità di vedere come i contesti incoraggino certi tipi di comportamento. Il contesto è cruciale. Ma non possiamo sapere con certezza quale sia. Dobbiamo sottoporre le nostre ipotesi a semplici test per valutarne l’effetto sul nostro brand, nel nostro mercato. Come ha detto il premio Nobel Richard Feynman: “Non conta quanto è bella la tua teoria, e non conta quanto sei intelligente. Se non collima con gli esperimenti, è sbagliata.” Una teoria psicologica al tempo stesso bella e supportata da ampie evidenze sperimentali è quella della riprova sociale, di cui parleremo nel capitolo successivo.

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