Marianne Williamson

Accettare la difficoltà, lavorare al cambiamento

Niente ci rende più forti che uscire dagli abissi più profondi della disperazione per camminare verso le vette più alte della gioia, e nessuno ci spinge quanto gli angeli che ci ricordano di non dimenticare tutti gli altri che stanno scalando la montagna insieme a noi.

Adesso toccava a lui. Dall’empatia di Roosevelt per le difficoltà affrontate dalla classe media americana a quel tempo nacque il New Deal, il piano di riforme sociali ed economiche che risollevò la vita di milioni di persone. Roosevelt non era certo un uomo perfetto – molte persone non beneficiarono di queste politiche – ma qualcuno meno empatico non sarebbe riuscito ad avviare il New Deal e forse non avrebbe nemmeno cercato di farlo. Mio padre crebbe in una famiglia povera e per tutta la vita parlò con ammirazione di Roosevelt come della persona che aveva salvato la sua famiglia d’origine dalla rovina. Fino alla sua morte, nel 1995, se chiedevi a papà per chi avesse votato alle elezioni, la risposta era sempre la stessa: “Ho votato per Roosevelt.”
La sofferenza di Roosevelt ha contribuito a trasformarlo nella persona che doveva essere perché potesse alleviare la sofferenza di milioni di persone. Quando succedono alcune tragedie non sempre riusciamo a rispondere alla domanda: “Perché è capitato a me?”, ma possiamo sempre chiederci quale gioia aspettarci da quell’esperienza.
Non sempre è possibile scegliere di evitare la sofferenza, ma possiamo far sì che la sofferenza non sia
stata vana. Dalla persona che perde la vista e diventa portavoce delle persone cieche; al genitore che crea una fondazione in memoria del figlio; all’atleta che perde un arto e allora dà avvio a un’associazione di atletica per persone che si trovano in una condizione simile, una chiave per superare la sofferenza è utilizzarla per portare gioia nella vita delle altre persone. Idealizzare la sofferenza sarebbe un errore, ma sarebbe sbagliato anche sminuirne l’importanza per la formazione della personalità. Come scrive il poeta Khalil Gibran: “Dalla sofferenza emergono le anime più forti, le personalità più imponenti sono cosparse di cicatrici.”
Troppe persone si lasciano rattristare da cose prive di importanza, forse perché non vogliono lasciarsi sopraffare dalla tristezza per le tragedie più ampie della vita. Carl Jung ha detto: “La nevrosi è sempre un sostituto della sofferenza legittima.” Se accettiamo di vivere e provare sofferenza per episodi che riguardano noi in prima persona oppure altri, paradossalmente aumentiamo le possibilità di sperimentare una splendida felicità. Niente ci rende più forti che uscire dagli abissi più profondi della disperazione per camminare verso le vette più alte della gioia, e nessuno ci spinge quanto gli angeli che ci ricordano di non dimenticare tutti gli altri che stanno scalando la montagna insieme a noi. Una volta raggiunta la cima, scopriamo che non stiamo più piangendo e, cosa ancora più importante, scopriamo che non siamo più soli.
Se comprendiamo che in questa vita la felicità costante non ci è promessa, arriviamo ad accettare con una maggiore maturità gli alti e i bassi dell’esistenza umana. Non sempre tutto va come vorremmo, non tutto è sotto il nostro controllo e, qualunque cosa accada, la vita sulla Terra è solo un passaggio temporaneo. Se siamo onesti con noi stessi, riconosciamo che ogni giorno possiamo soffrire. La gioia però non nasce dalla fiducia nel fatto che ogni giorno andrà come vogliamo; a volte sboccia semplicemente nel momento in cui ci rendiamo conto che proprio oggi tutto va bene, e ne siamo contenti. I periodi difficili della vita, tra le altre cose, ci portano a provare una gratitudine maggiore quando invece va tutto bene. Se abbiamo perso qualcosa di prezioso, impariamo
a essere molto più felici di quanto abbiamo. La sofferenza può lasciare qualche cicatrice, però, in modi quasi misteriosi, possiamo diventare persone migliori proprio perché l’abbiamo attraversata. A volte accorgersi che “non saremo mai più gli stessi” non è poi così male. Non saremo più quelli di prima, ma chi diventeremo dipende completamente da noi.

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