Tara Brach

“Ma vi volete ancora bene, vero?”

Possiamo diventare consapevoli delle paure inconsce e delle convinzioni limitanti. Possiamo accorgerci di come i bisogni insoddisfatti ci portino a voler continuare a indossare un’armatura.

Chi siamo realmente?

Spesso chiamo la nostra corazza protettiva “la tuta spaziale dell’ego”. La tuta spaziale è composta da tutte le strategie e le forme di difesa che sviluppiamo per soddisfare i bisogni di sicurezza, approvazione e amore, mentre affrontiamo le ferite e i conflitti presenti nella nostra famiglia e nella nostra cultura. Per quanto necessarie possano essere alcune difese, creano però anche sofferenza. Quando copriamo la nostra innocenza e purezza, la nostra vulnerabilità e tenerezza, perdiamo di vista l’essenza. Così mettiamo in relazione la nostra identità con la tuta spaziale e dimentichiamo l’oro.
Se ampliamo lo sguardo, riusciamo a vedere come questa limitazione della nostra identità sia una parte naturale della crescita evolutiva. L’attività primaria di ogni creatura vivente consiste nel rimanere aggrappata alla vita e nell’evitare le minacce. Abbiamo una membrana o delle scaglie o una pelle o un guscio per proteggerci. Abbiamo riflessi e competenze e strategie che ci consentono di trovare la nostra strada. Il cervello è progettato per percepire la separatezza e per reagire al pericolo. Quando noi umani siamo emersi come forma di vita su questo Pianeta, eravamo già organizzati intorno a un sé con desideri e paure e, per estensione, intorno a un piccolo gruppo o tribù cui appartenevamo. La nostra storia però non finisce qui. Dal momento che siamo Homo sapiens sapiens, siamo consapevoli di noi. La parte del cervello che si è evoluta più di recente, la corteccia prefrontale, ci dà la capacità di osservare e provare compassione per tutto ciò che accade in noi e negli altri. Come ha scoperto la neuroscienza, approfondire l’attenzione con la meditazione attiva le parti del cervello che sono in relazione con la consapevolezza di sé. Possiamo diventare consapevoli delle paure inconsce e delle convinzioni limitanti; possiamo accorgerci di come i bisogni insoddisfatti ci portino a voler continuare a indossare un’armatura e alimentino gli attaccamenti. E possiamo cominciare a vedere come l’intera percezione della nostra identità sia limitata e oscurata da queste corazze dell’ego. La consapevolezza e la compassione che Rain attiva in noi ci permettono di risvegliarci dallo stato di trance che ci imprigiona, proprio nel bel mezzo della vita quotidiana. Ogni volta che con una delicata pratica Rain riconosciamo lo spesso strato d’argilla che forma la nostra corazza, quello strato diventa un po’ più trasparente, mentre la paura e l’attaccamento si dissolvono. Sempre più risplende in noi ed emana da noi la luce dell’oro.

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