Gabriella Rosen Kellerman, Martin Seligman
I nostri cervelli al lavoro
Le abilità evolute nel tempo
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All’inizio, il cambiamento si è compiuto lentamente. Si è dispiegato, principalmente, attraverso il tempo. Le prime specie di esseri umani hanno affrontato le glaciazioni, che si alternavano a periodi di riscaldamento interglaciale, con intervalli di uno o più millenni. Il livello del mare si alzava e si abbassava drasticamente, rendendo transitoriamente abitabili vaste aree di terra. Il ciclo era sufficientemente lento per consentire ai primi esseri umani di adattarsi alla “vecchia maniera”: ovvero, evolvendo attraverso la selezione naturale. Per esempio, i Neanderthal europei, che hanno affrontato i climi più freddi, hanno sviluppato gambe e avambracci meno estesi. In effetti, arti più corti implicavano una minor superficie, consentendo ai Neanderthal di riscaldarsi più facilmente. Tuttavia, circa settantamila anni fa, accadde qualcosa che cambiò la questione irreversibilmente. Il cervello di un particolare gruppo di esseri umani – i sapiens, ovvero i nostri più diretti antenati – ha subito profondi cambiamenti, come l’allargamento e l’arrotondamento delle regioni parietali e cerebellari.
Queste regioni, dal punto di vista funzionale, hanno contribuito all’incremento delle abilità relative alla pianificazione, alla memoria a lungo termine, al linguaggio, all’uso degli strumenti e all’autoconsapevolezza. La nuova e complessa intelligenza, che caratterizza l’Homo sapiens, ci consente di rispondere alle sfide ambientali secondo modalità esponenzialmente più intelligenti e veloci. Da allora, niente sulla Terra è stato più uguale a prima. Ebbene, consideriamo questo caso esemplare: a differenza dei loro “vicini”, i Neanderthal, che affrontavano gli stessi climi, i sapiens avevano ancora le braccia e le gambe più lunghe, quelle tipiche di coloro che vivevano nelle zone tropicali. Come hanno fatto a non congelarsi con quei lunghi arti? Piuttosto che aspettare migliaia di anni, affinché l’evoluzione selezionasse nuove dimensioni per quelle parti del corpo, i sapiens hanno risolto il problema in un modo che solo loro potevano applicare: ovvero, impiegando la tecnologia.
Gli indumenti esterni, cuciti mediante l’impiego degli aghi con la cruna, ci tenevano al caldo. Il fuoco poteva essere acceso alla bisogna, come mostrano i segni di sfregamento sulle pietre forate, che facevano parte di una sorta di supporto rudimentale utilizzato per creare attrito e quindi il fuoco. Resti di nasse e trappole rinviano a forme di pesca più efficienti dal punto di vista energetico. I nostri cervelli più grandi e globosi ci hanno permesso di lavorare in maniera più intelligente, protetti da abiti caldi e comodi, impiegando efficienti trappole, e di disporre di un fuoco scoppiettante posto nelle vicinanze. Tuttavia, il vantaggio più rilevante consisteva nel fatto che queste innovazioni tecnologiche non avevano bisogno di essere costantemente reinventate. Di fatto, i sapiens potevano comunicare tra di loro i dettagli di questi strumenti, grazie alla nostra caratteristica differenziante più significativa: il linguaggio. In effetti il linguaggio sintattico, quindi maggiormente complesso, ha permesso a ogni generazione di innovare sfruttando le conoscenze di quella precedente.
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