Mia madre ha la tenacia di un bulldog, assomiglia a June Cleaver e impreca come un camionista. È figlia di due genitori alcolisti che vivevano nelle case popolari di Newark, nel New Jersey. Ha imparato, per necessità, ad amministrare il poco denaro che aveva a disposizione ed è una delle persone più intraprendenti e industriose che abbia mai incontrato. Una volta mi ha confessato che di rado si sentiva apprezzata, amata o bella, ma teneva fede alla promessa fatta a se stessa che, non appena sarebbe stata grande abbastanza, si sarebbe costruita una vita migliore. Ricordo che, quando ero piccola, la domenica sfogliavamo insieme il giornale in cerca dei coupon e dei buoni omaggio. Mi ha insegnato tutti i modi possibili e immaginabili di risparmiare. Mi ha spiegato anche come prestare attenzione ai premi regalo dalle aziende a chi raccoglie e spedisce le “prove d’acquisto”. Uno dei premi più preziosi conquistati da mia madre era una piccola radio a transistor ricevuta in omaggio dalla ditta che produce i succhi d’arancia Tropicana. Le dimensioni, il colore e la forma della radio erano proprio quelle di un’arancia, con una cannuccia a strisce rosse e bianche, su un lato, che faceva da antenna. Come amava quella radio portatile.
Mia mamma è una di quelle persone sempre indaffarate. Quando ero piccola, sapevo che l’avrei trovata da qualche parte, in casa o in giardino, impegnata in qualche attività mentre ascoltava, in sottofondo, il suono metallico che proveniva dall’arancia Tropicana. Un giorno, tornando da scuola, ho sentito in lontananza la radio accesa. Quando mi sono avvicinata alla casa, mi sono accorta che il suono proveniva dall’alto. Ho alzato lo sguardo e ho visto mia madre appollaiata sul tetto della nostra abitazione a due piani. “Mammaaa! Va tutto bene? Che cosa fai lì sopra?!” “Tutto bene, Ree” mi ha gridato in risposta. “C’era un’infiltrazione dal tetto ma, quando ho chiamato il muratore, mi ha detto che ripararlo mi sarebbe costato almeno cinquecento dollari, se non di più. Roba da pazzi! Mi sono ricordata che nel garage c’era un po’ di asfalto avanzato e ho pensato che ci sarebbero voluti solo un paio di minuti per sistemare il tetto.” Un’altra volta, tornando da scuola, ho sentito la radio gracchiare sul retro della casa. Mamma era nel bagno, attorniata da piastrelle e tubature scoperte. Minuscole particelle di polvere riempivano l’aria. “Mamma, che cosa succede?!” “Oh, sto rifacendo il bagno” mi ha risposto. “Ho visto qualche crepa e non volevo che si riempisse tutto di muffa.” Dovete sapere che mia madre ha frequentato solo le scuole superiori e questi episodi accadevano negli anni Ottanta, prima di Internet, YouTube e Google. Non sapevo mai dove l’avrei trovata o che cosa stesse facendo, ma tutto ciò che dovevo fare era seguire il gracchiare della radio.
Un giorno d’autunno ero tornata da scuola più tardi e c’era qualcosa di diverso. Tutto era immerso nel buio e avvolto in un silenzio insolito. Qualcosa non andava. Sono entrata in casa e ho attraversato il soggiorno preoccupata di quello che avrei potuto trovare. Perché non sentivo il suono dell’arancia Tropicana? Dov’era la mamma? Poi ho sentito qualche click. Seguendo i rumori, sono arrivata in cucina, dove mamma era seduta, china sul tavolo. Sembrava una sala operatoria. C’erano nastro isolante, cacciaviti e, sparpagliati davanti a lei, un’infinità di piccolissimi pezzi della radio Tropicana smontata. “Mamma, va tutto bene? Che cosa è successo alla tua radio? Si è rotta?” “Va tutto bene, Ree. Non è niente. L’antenna si era rotta e il sintonizzatore non funzionava bene, adesso la sto aggiustando.” Sono rimasta lì ferma, in piedi, per qualche secondo, a osservarla mentre compiva quella magia. Alla fine, le ho domandato: “Senti, mamma, com’è possibile che tu sappia fare tante cose diverse che non avevi mai fatto prima, senza che nessuno ti abbia insegnato?”
Lei ha posato il cacciavite sul ripiano del tavolo, si è voltata verso di me e ha detto: “Non essere sciocca, Ree. Niente nella vita è poi così complicato. Puoi fare tutto ciò che ti metti in mente di fare se semplicemente ti rimbocchi le maniche, ti impegni e lo fai. A tutto c’è una soluzione.” Sono rimasta folgorata, e in estasi continuavo a ripetermi quelle parole: a tutto c’è una soluzione. A tutto c’è una soluzione. Cavolo, sì…
A tutto c’è una soluzione!
Questa frase e questa filosofia si sono radicate profondamente dentro di me. Da allora sono diventate la spinta che, più di ogni altra, mi motiva nella vita. È la prospettiva che mi ha aiutata a porre fine a una relazione violenta. Al college mi ha aiutata a ottenere borse di studio per studenti lavoratori per cui c’era poca disponibilità e molta competizione. Così sono riuscita a pagarmi l’alloggio e le tasse universitarie e ad accedere ai corsi che avevo scelto di frequentare, nonostante i prerequisiti necessari e le liste d’attesa. Quando ero più giovane, ricordando questa frase, ho continuato, senza arrendermi, a tentare di entrare nelle squadre sportive e nei gruppi di cheerleading che mi piacevano, anche se ricevevo, ogni anno, un rifiuto dopo l’altro.
La frase “a tutto c’è una soluzione” è stata fondamentale per ottenere ogni lavoro che ho svolto, dalla barista nei ristoranti più ambiti di Manhattan fino ai lavoretti da quattro soldi – come vendere bastoncini luminescenti in discoteca – all’attività di floor trading alla borsa di New York, all’impiego come editor per alcune riviste di Condé Nast, all’insegnante di hip-hop, alla partecipazione a video di workout, al lavoro come producer e coreografa per mtv, fino a diventare una delle prime atlete del gruppo di rilevanza mondiale Nike Elite Dance, pur non avendo mai preso lezioni di danza. Con questa frase stampata in mente, ho ripianato un debito che mi aveva messo in grave difficoltà, mi sono allontanata da relazioni che erano giunte a un punto morto e ho coltivato i rapporti per me più importanti, spesso in tempo record.
Grazie a questa filosofia, a ventitré anni ho trovato l’audacia di avviare, partendo da zero, un’impresa che poi è diventata un’agenzia di formazione e produzione mediatica, attenta alle tematiche sociali e con ricavi multimilionari, senza ricevere alcun suggerimento, senza esperienza, né investitori, senza una laurea magistrale, né conoscenze altolocate. A partire da questa frase ho cominciato, con una webcam di prima generazione, a registrare video che in seguito si sarebbero trasformati in uno show online seguito da milioni di fan distribuiti in oltre 195 Paesi. Non lo dico per vantarmi, ma perché sono convinta, nel profondo, che a tutto ci sia una soluzione.
Sì, anche partendo da zero. Anche se abbiamo già tentato e fallito. Anche se non abbiamo la minima idea di ciò che stiamo facendo o del perché le cose continuino ad andare per il verso storto. Anche se tutti ci hanno ripetuto, un milione di volte, che non c’è soluzione. Anche se ci troviamo davanti a sfide impensabili o tutte le carte sembrano contro di noi.
Forse vi state chiedendo se quest’idea ci possa aiutare ad affrontare una realtà difficile. Come quando siamo nel pieno della disperazione o ci sembra che tutto sia vano.
Situazioni come:
• Una diagnosi spaventosa che cambia il corso della nostra vita.
• La tragica perdita di un figlio o di una persona amata.
• Il disagio mentale e il periodo di guarigione dopo un abuso.
Sì. Sapere che a tutto c’è una soluzione ci aiuta ad affrontare con consapevolezza la realtà più dura. [...] Nonostante ciò che la società, la famiglia o la nostra stessa mente possano averci indotto a credere, noi non siamo finiti. Niente in noi è intrinsecamente sbagliato. Non siamo un errore, un imbroglio e nemmeno truffatori. Non siamo deboli né incapaci.
Semplicemente, nessuno di noi ha ricevuto un manuale di istruzioni alla nascita. Il sistema formativo non ci insegna a organizzare e a indirizzare il potere dei pensieri, delle convinzioni, delle emozioni, né la saggezza del corpo. Non ci spiega come sviluppare una mentalità vincente, né prospettive e abitudini che ci permettano non solo di affrontare e superare le sfide della vita, ma anche di sperimentare la vera gioia e l’appagamento. Non riesce a mostrarci quanto è grande il nostro potere. Purtroppo, riceviamo una formazione molto limitata (quando la riceviamo) su come investire i nostri talenti per fare la differenza.
Sta a noi pensarci, qui e ora. Come ha detto la grande scrittrice Maya Angelou: “Fai del tuo meglio fino a quando non ne sai di più. Poi, quando ne sai di più, fai di più.”