Robert Sapolsky
Biologia e moralità
Uno studio interdisciplinare sul comportamento umano
Tempo di lettura: 4 minuti
Vari muscoli si sono mossi, e un comportamento si è reso manifesto. Forse è una buona azione: avete toccato, esprimendo empatia, il braccio di una persona sofferente. Forse è una pessima azione: avete premuto il grilletto di una pistola, colpendo un innocente. Forse è una buona azione: avete premuto quel grilletto per attirare il fuoco dei vostri antagonisti, al fine di salvare altri individui. Forse è una pessima azione: avete toccato il braccio di qualcuno, innescando una serie di eventi libidinosi, con cui avete tradito la persona che amate. In effetti, si tratta di atti che, come abbiamo osservato, sono definibili solo in base al contesto. Quindi, per porre la domanda che riguarderà questo e i prossimi otto capitoli: Perché si è manifestato quel comportamento? Il punto di partenza di questo volume consiste nel fatto di sapere che diverse discipline offrono differenti risposte – in ragione di qualche ormone; per via dell’evoluzione; a causa di esperienze infantili, dei geni o della cultura – e la sua premessa fondamentale è che tali risposte sono completamente intrecciate; in altri termini, nessuna esiste di per sé. Tuttavia, considerando il livello più prossimale, in questo capitolo ci chiediamo: Cosa è successo, un secondo prima che il comportamento si manifestasse, che ha assunto un ruolo causale? Tale domanda ci porta nel regno della neurobiologia, al fine di comprendere come il cervello ha prodotto dei comandi che hanno mosso quei muscoli.
Questo capitolo costituisce uno dei tasselli fondamentali del volume. Di fatto, il cervello rappresenta la via ultima comune, quella che media le influenze prodotte da tutti i fattori a monte che saranno considerati nei capitoli successivi. Cosa è accaduto un’ora fa, un decennio fa, un milione di anni fa? Ciò che è successo contempla tutti i fattori che hanno influenzato il cervello e il comportamento che si è manifestato. Questo capitolo ci espone a due grandi sfide. La prima dipende dalla sua straordinaria lunghezza. Mi scuso; ho cercato di essere conciso e non troppo tecnico, ma questi argomenti sono fondamentali e devono essere adeguatamente trattati. La seconda, a prescindere da quanto io abbia cercato di evitare i tecnicismi, dipende dal fatto che tali argomenti possono risultare ostici per coloro che non dispongano di un’adeguata preparazione nell’ambito delle neuroscienze. Per aiutarvi, è opportuno che leggiate ora l’appendice 1. Ora, chiediamoci: Quali eventi cruciali sono avvenuti nel secondo prima che si manifestasse quel comportamento pro o antisociale? Oppure, tanto per tradurre in termini neurobiologici: Cosa stava accadendo ai potenziali d’azione, ai neurotrasmettitori e ai circuiti neurali, in alcune particolari regioni del cervello, durante quel secondo?
Tre strati metaforici (non riscontrabili sul piano strettamente anatomico)
Iniziamo considerando la macro-organizzazione del cervello, facendo riferimento a un modello proposto negli anni Sessanta del secolo scorso dal neuroscienziato Paul MacLean. Il cosiddetto “cervello trino” offre una descrizione che riguarda tre domini funzionali:
Strato 1: Si tratta di una parte antica del cervello, localizzata grossomodo alla sua base, che si riscontra tanto negli esseri umani quanto nei gechi. Questo strato gestisce le funzioni automatiche e regolatorie. Se la temperatura corporea scende, questa regione cerebrale registra la condizione e induce i muscoli a manifestare i brividi. Se la glicemia si riduce, tale condizione viene riconosciuta, e si innesca la percezione della fame. Se subiamo un infortunio, un diverso circuito innesca la risposta allo stress.
Strato 2: Si tratta di una regione evolutasi più di recente e che si è accresciuta nei mammiferi. MacLean ha definito questo strato, che riguarda le emozioni, una sorta di invenzione dei mammiferi stessi. Se osservate qualcosa di macabro e terrificante, questa regione invia impulsi allo strato 1, facendovi rabbrividire, per via dell’emozione che state provando. Se vi sentite tristemente non amati, queste aree del cervello inducono lo strato 1 a innescare il desiderio di assumere un po’ di comfort food. Se siete dei roditori e annusate l’odore di un gatto, questi neuroni inducono lo strato 1 ad attivare una risposta allo stress.
Strato 3: Si tratta della regione della neocorteccia, evolutasi ancor più di recente e che si trova sulla superficie superiore del cervello. In proporzione, nei primati la parte dell’encefalo, costituita da questo strato, è più ampia rispetto a quella delle altre specie. Questa regione è responsabile della cognizione, della memorizzazione dei ricordi, dell’elaborazione sensoriale, dell’astrazione, della filosofia e anche della onfaloscopia. Leggete un passaggio spaventoso in un libro, e lo strato 3 invia impulsi che condizionano lo strato 2 affinché vi sentiate impauriti, una condizione che induce lo strato 1 a farvi rabbrividire. Vedete la pubblicità degli Oreo e provate un desiderio di mangiare quei biscotti – lo strato 3 influenza gli strati 2 e 1. Considerate il fatto che i vostri cari non vivranno per sempre, oppure pensate ai bambini che crescono nei campi profughi, oppure, guardando Avatar, osservate che l’albero casa dei Na’vi è stato distrutto da quegli esseri umani “scortesi” (nonostante sappiate che i Na’vi non sono affatto reali!), e lo strato 3 influenza, di nuovo, gli strati 2 e 1; perciò, anche se si tratta solo di immagini, percepite la stessa tristezza e manifestate la medesima risposta allo stress che avreste se steste fuggendo da un leone.
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