Mihály Csíkszentmihályi
La preparazione della scena
La teoria del flusso applicata al processo creativo
Tempo di lettura: 3 minuti
Per la maggior parte del tempo, nel corso della storia umana, la creatività è stata considerata una prerogativa di esseri superiori. Le religioni di tutto il mondo si fondano sui miti delle origini, nei quali si narra di una o più divinità che avrebbe plasmato la terra, le acque e i cieli. In un qualche momento, lungo il dispiegarsi di questo atto creativo, tali divinità hanno anche creato gli uomini e le donne: entità fragili, indifese, soggette all’ira di quegli stessi dei. È stato solo molto recentemente nella storia degli esseri umani che i nessi causali si sono invertiti: a un certo punto, erano gli uomini e le donne a essere considerati i creatori, e gli dei sono diventati il semplice frutto della loro immaginazione. Che tutto ciò si sia compiuto in Grecia o in Cina, circa 2500 anni fa, oppure a Firenze, due millenni dopo, non è rilevante. Il dato importante è che si sia verificato abbastanza di recente nella storia, estesa per milioni di anni, del genere umano.
Quindi, abbiamo cambiato le nostre opinioni sulla relazione che intercorre tra le divinità e gli esseri umani. D’altra parte, non è così difficile comprendere per quale motivo ciò sia accaduto. Quando si diffusero i primi miti sulla creazione, gli esseri umani erano davvero indifesi, alla mercé del freddo, della fame, delle belve feroci, nonché gli uni degli altri. Non avevano idea di come dar conto delle grandi forze che percepivano intorno a loro: il sorgere e il tramontare del sole, le stelle che solcavano la volta celeste, l’alternarsi delle stagioni. Lo stupore pervadeva il loro brancolare alla ricerca di un po’ di sicurezza, in quel mondo misterioso. Poi, dopo un lento esordio, con sempre maggior celerità, soprattutto negli ultimi mille anni, abbiamo iniziato a capire come funzionano gli enti e i fenomeni del mondo – dai microbi ai pianeti, dalla circolazione del sangue alle maree oceaniche –, sicché, a un certo punto, gli esseri umani non sono sembrati più così indifesi. Hanno costruito grandi macchine, le energie sono state imbrigliate, l’intera faccia della Terra trasformata in ragione delle loro abilità e dei loro appetiti. Dunque non sorprende troppo il fatto che, da quando cavalchiamo la cresta dell’onda dell’evoluzione, abbiamo riservato a noi stessi il titolo di creatori.
Non è ancora chiaro se questa trasformazione aiuterà il genere umano oppure ne causerà il declino. In effetti, ci sarebbe d’aiuto renderci conto della straordinaria responsabilità associata all’assunzione di questo nuovo ruolo. Gli dei degli antichi popoli, come Shiva o Geova, erano sia costruttori sia distruttori. L’universo esiste in virtù del precario equilibrio tra la loro misericordia e la loro ira. Il mondo in cui viviamo oggi oscilla tra il bel giardino e l’arido deserto che, per i nostri impulsi contrari, finiremo per realizzare. È probabile che prevalga il deserto, qualora si ignori il potenziale di distruzione insito nella nostra “amministrazione” e, soprattutto, se continueremo ad abusare ciecamente di quei poteri che abbiamo “appena” conquistato.
Sebbene nessuno sia in grado di prevedere gli eventuali esiti della creatività, del tentativo di imporre i nostri desideri alla realtà, del fatto di incarnare la principale forma di potere che decide il destino di ogni forma di vita sul pianeta, almeno possiamo cercare di identificare meglio tale forza e come funziona. Poiché il nostro futuro, nel bene e nel male, è ormai strettamente associato alla creatività degli esseri umani, l’esito sarà determinato, in gran parte, dai nostri sogni e dal nostro impegno per realizzarli.
Questo volume, che contempla trent’anni di ricerca dedicati allo studio di come vivono e lavorano le persone creative, è un tentativo volto a rendere più comprensibile il misterioso processo attraverso il quale uomini e donne elaborano nuove idee e realizzano nuovi oggetti. Il mio lavoro in quest’ambito mi ha convinto che la creatività non possa essere compresa osservando solamente le persone che sembrano in grado di porla in essere. Proprio come rimane inascoltato il fragore di un albero che si schianta nella foresta se nessuno è lì a percepirlo, così le idee creative svaniscono, a meno che non ci sia un pubblico disposto a recepirle, per poi registrarle e implementarle.
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