Fabio Zaffagnini
I miracoli accadono, i sogni si avverano
La storia di Rockin'1000
Tempo di lettura: 4 minuti
Tutto quello che tocco si trasforma in avventura, ma qui si esagera. Sta per succedere qualcosa di folle e impossibile. Sta per succedere davvero e adesso. Non ci posso credere. Poi torno a concentrarmi. Non c’è nessun margine per divagazioni o esitazioni, stiamo per cominciare.
Non perdere di vista il direttore d’orchestra e non cazzeggiare. Svuota la mente.
Tutto intorno, decine di migliaia di persone tengono gli occhi inchiodati su di noi dopo averci circondati al termine di una solenne processione d’accesso allo stadio, durata ore. Aspettano con gioiosa impazienza, addentando i secondi, masticandoli fra conversazioni eccitate e risa. Genitori orgogliosi, bambini sovraeccitati, appassionati di rock, famiglie, amici, uomini, donne, ragazze, ragazzi. Coppie di innamorati si rubano l’ultimo bacio prima dell’inizio. Poi le luci si spengono. Un brusio simile al moto delle onde si alza dagli spalti per infrangersi sotto la volta del cielo stellato del Brasile.
E noi?
Noi, immane stuolo di strumentisti pronti a far esplodere la musica più energica e passionale, tratteniamo il fiato sul campo abitualmente occupato dai calciatori. Il cuore romba, la testa gira. Incredulo e inebriato, ricordo a me stesso che mi conviene respirare. Sorrido, e stringo le palpebre, e poi mi guardo intorno. Non avete idea di quello che sta per succedere. Ogni volta la stessa emozione inesorabile, come lava che attende di affiorare da millenni.
Questo nostro pazzo lavoro è fatto di esseri umani ed emozioni, i più imponderabili dei fattori. Siamo qui, dall’altra parte dell’Oceano, a San Paolo del Brasile, e stiamo per ribaltare il cielo e la terra. Ancora una volta mi domando incredulo come sia potuto succedere, come ci siamo arrivati. Proverò a raccontarvelo, ma adesso tocca concentrarsi.
One, two, three, four. L’arpeggio metallico di una chitarra solitaria si libra come il presagio di un incantesimo, vola radente sul pubblico, fra cui serpeggia immediato un fremito. Quarantamila persone cominciano a rumoreggiare in preda alla febbre di un rito collettivo da cardiopalma. Il respiro si spezza, i peli si rizzano. Conosco questa magia, e come me la conoscono gli spettatori.
È il rock. E al rock non si comanda.
Il charlie della batteria di Lele, acquattata al centro del campo fra altre duecento e più, comincia a scandire i quarti anticipando l’imminente attacco frontale. Le note spiraleggiano nel vuoto, migliaia di mani cominciano a battere a ritmo. Sono le prime avvisaglie dell’uragano. Il crescendo di batteria si intensifica, decine di fari solcano il campo in un balenare di volti e strumenti musicali imbracciati con trepidazione. Batterie, chitarre, bassi, tastiere, mani, volti, occhi, sorrisi. Un migliaio di sorrisi. La tensione è allo spasimo, poi i timpani e i rullanti vengono percossi. Le mura dello stadio tremano, le chitarre entrano in levare tagliando il ritmo con una sciabolata di decibel tonanti. Uno dei riff più granitici della storia si infrange sulle gradinate. Un crescendo di duecento batterie e bassi scuote le fondamenta, e lo stadio esplode. Il cielo viene giù, la terra trema, i corpi vibrano e saltano. Mi scopro a ridere istericamente sulle note di Enter Sandman eseguito da mille musicisti ebbri di emozione.
Questo pubblico. Questo dannato pubblico tutto intorno a noi è impazzito. Quando scoppia nel suo selvaggio grido di giubilo, poco ci manca che ci mandi tutti lunghi distesi, avvinghiati alle chitarre e ai bassi. Una carica di rock ed entusiasmo a voltaggio letale.
È tutto vero, sta succedendo adesso, in un mondo assuefatto all’idea che i sogni non si possano realizzare, che i miracoli non accadano e che Babbo Natale non esista. E invece è tutto vero e noi ne siamo la prova: i sogni, la felicità, i miracoli sono a portata di mano. E per quanto ne so, Babbo Natale vive in una baita con tutti i comfort al Polo Nord, televisore al plasma incluso.
Siamo la rock band più grande del mondo e in questo momento, mentre ci esibiamo davanti a un oceano di persone in festa, siamo anche bambini felici. È l’autunno del 2022, ci siamo lasciati alle spalle due tragici anni di pandemia e questo è il primo concerto intercontinentale di Rockin’1000. Lo abbiamo aperto scaraventando Enter Sandman su una platea sterminata.
I miracoli accadono, i sogni si avverano.
Già, ma c’è un prezzo da pagare.
È di questo che voglio parlare con voi sognatori.
Dei sogni e del loro prezzo. Di cosa comporta realizzare le proprie visioni.
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