Paolo Borzacchiello
Interactional Biochemical Matrix
Semplice come bere un bicchiere d'acqua, o quasi
Tempo di lettura: 3 minuti
È tutta chimica. È sempre e solo tutta chimica. Qualsiasi comportamento che voi possiate immaginare è il risultato di una particolare sequenza di mix chimici che comprendono adrenalina e cortisolo, serotonina e ossitocina, dopamina ed endorfine, testosterone e… chi più ne ha più ne metta. Volete ottenere l’attenzione di un cliente, di un collega, di un collaboratore, di uno studente, o di un figlio? Servono due spruzzate di adrenalina e un pizzico di cortisolo (a parte per il figlio, in effetti, per il quale potrebbero servire anche minacce di un certo rilievo). Volete rassicurare qualcuno che, magari, è un po’ demotivato o non ha piena coscienza delle proprie capacità? Servono serotonina, un po’ di testosterone ed endorfine come se piovesse. Volete richiamare, viceversa, qualcuno al proprio dovere perché magari sta galleggiando nella propria overconfidence: [...] una doccia di cortisolo dovrebbe fare al caso vostro.
Ma attenzione, però, perché terrorizzare qualcuno con litri di cortisolo potrebbe inibire poi le sue capacità di ragionamento e soprattutto potrebbe paralizzarlo, proprio come capitava a voi quando andavate a scuola preparatissimi e poi vi pigliava il panico davanti all’insegnante e facevate scena muta, incapaci anche di muovere un solo muscolo facciale, salvo poi tornare a casa e ricordarvi tutto, per filo e per segno (ora sapete chi ringraziare, il signor cortisolo). E allora che si fa? Si comincia con il cortisolo, poi si aggiunge serotonina, che regola l’umore e offre sicurezza nelle proprie capacità di riuscita (non la dopamina, così abusata dai formatori all’americana: quella eccita un sacco ma poi, appena svanisce, ti fa sentire peggio di prima), e poi, solo alla fine, si conclude con dopamina ed endorfine.
Volete aumentare il numero di secondi che una persona dedicherà alla vostra pagina internet? Adrenalina o cortisolo. Volete che il vostro collaboratore o un vostro allievo capiscano il motivo per cui è importante che facciano quello che voi chiedete loro di fare? Ossitocina (niente empatia, mi raccomando, che quella rovina i rapporti di ruolo e vi fa perdere di credibilità: casomai, usate l’empatia cognitiva, che con l’empatia tradizionalmente intesa, tuttavia, ha ben poco a che vedere). Volete mettere qualcuno di buon umore dopo averlo visto arrabbiato perché ritenete, correttamente, che quando una persona è di cattivo umore capisce di meno, ricorda di meno le informazioni e, soprattutto, è meno disponibile ad ascoltare e a cambiare eventualmente le proprie idee?Endorfine, vi servono endorfine.
E questo è quanto: la ricerca neuroscientifica oggi ci apre finestre su mondi meravigliosi, che ci permettono di conoscere molto bene il modo in cui noi esseri umani funzioniamo. E ci permette di scoprire come stanno davvero le cose in termini di relazioni con gli altri (interazioni, a voler essere precisi) e quando si parla, soprattutto, di crescita personale.
Grazie agli studi neuroscientifici sul cervello, sappiamo che – a puro titolo di esempio – guardare sempre il lato positivo delle cose non si può (il cervello è progettato per guardare anche e soprattutto il lato negativo), che essere sempre di buon umore non è possibile, a meno che siate ebeti (la dopamina, infatti, ha bisogno di ormoni dello stress, per poter funzionare), che la forza di volontà così incentivata da tanti leader e motivatori in realtà si esaurisce in fretta e poi fa peggiorare le performance… e tanto, tanto altro.
Come stanno davvero le cose? E che cosa possiamo fare per avere con i nostri interlocutori interazioni realmente efficaci, che si tratti di clienti, collaboratori, studenti, colleghi e così via? A tali domande rispondo con questo libro, che presenta al lettore (a voi, cioè) uno strumento eccezionale, frutto dei miei oltre vent’anni di esperienza nel mondo delle interazioni umane, con particolare dedizione all’intelligenza linguistica, e che vi permetterà di sviluppare capacità immense in brevissimo tempo grazie all’applicazione di alcune semplici regole che vi basterà, per l’appunto, mettere in pratica. Questo strumento si chiama Interactional Biochemical Matrix (Matrice Interazionale Biochimica) e sfrutta i risultati ottenuti dalle ricerche di HCE, la scienza che studia le interazioni umane, e dalla rispettiva e più ampia matrice Interactional Factor Matrix (IFM).
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