Come salvare una navicella spaziale
37 secondi
Quando il 14 aprile 1970 un serbatoio pieno di ossigeno liquido all’interno della navicella spaziale Apollo 13 si ruppe, gli ingegneri e tecnici del Kennedy Space Center non persero tempo a entrare in azione. Guenter Wendt, che è stato il capo delle squadre della rampa di lancio al Kennedy Space Center in Florida, disse che tutti iniziarono a guardare i dati chiedendosi dove potesse essere il guasto, di che tipo di malfunzionamento potesse trattarsi e cosa avrebbero potuto fare. Wendt spiegò al sito www.space.com che, una volta iniziata l’emergenza, non ebbe il tempo di soffermarsi sulle emozioni del momento.
“Non pensi tanto a come ti senti o cosa significa. Hai un lavoro da fare” disse.
Se avete visto il film di Ron Howard del 1995, ricorderete la scena in cui sulla Terra si lavora per aggiustare il depuratore che permette agli astronauti di respirare. La scena mostra un supervisore di ingegneria che svuota rapidamente il contenuto di una scatola marrone su un tavolo. Gli ingegneri perplessi nella stanza vengono sfidati dal supervisore a fare in modo che un filtro per l’anidride carbonica quadrato si inserisca in uno spazio progettato per un filtro rotondo. I tecnici possono usare solo i materiali della scatola di fronte a loro (identici ai materiali che gli astronauti hanno nella capsula). Se non troveranno una soluzione velocemente, gli astronauti moriranno. In soli 37 secondi di film, vediamo all’opera la creatività e l’improvvisazione di persone sotto pressione. Gli ingegneri troveranno per fortuna la soluzione a questo e ad altri problemi capitati durante la missione Apollo 13, il resto è storia. A noi interessano il processo e l’attitudine con cui affrontare gli imprevisti. La sequenza che questo film paradigmatico e rappresentativo mostra è questa:
- Sorge il problema del depuratore d’aria, per noi per esempio potrebbe essere il licenziamento a freddo o la perdita del cliente più importante nel giro di pochi minuti.
- Non vengono date possibilità di riparazione veloce del sistema originale ovvero il sistema è saltato, bruciato, irrecuperabile.
- A questo punto si tratta di evitare di perdere tempo in ricerche di colpe e cause.
- Bisogna definire nel modo più esatto e circostanziato possibile il problema da risolvere. Nel film era: “Inserire un filtro quadrato per l’anidride carbonica in uno spazio progettato per un filtro rotondo usando nient’altro che questi oggetti.”
- Vengono raccolte le persone attorno a un tavolo in modo da avere energie creative a disposizione.
- Tutte le informazioni vengono messe sul tavolo e condivise.
- Si passa in rassegna tutto il materiale disponibile.
- Si generano soluzioni.
- Si sceglie la soluzione migliore.
- Si applica.
Tutto questo sarebbe stato magari evitabile creando un piano di emergenza e delle alternative sulla base dell’intuito, delle conoscenze e della capacità di leggere i segnali. Tutto il libro parla di questo, di come usare l’ansia per il futuro in modo virtuoso, rispettando il motivo per cui molto probabilmente si è sviluppata. Ma se non ci siamo riusciti e l’imprevisto è per noi un “Cigno nero”, come dice Nassim Taleb in riferimento alle catastrofi di grande portata? Se è arrivato nella nostra vita un evento altamente improbabile che non era possibile prevedere? Nella vita personale, professionale, aziendale è possibile, ma in quella delle organizzazioni ben strutturate l’incontro con forze non prevedibili è previsto. Non sai cosa, chi, come.
Ma sai che avverrà. La prima azione preventiva è quella di designare chi gestirà la risposta all’imprevisto. In campo personale questo significa che prendi atto che quello o quella sei tu. E non è banale, anzi è molto complesso accettare questa piena responsabilità. Ma una volta deciso, puoi contare sul fatto che non ti perderai troppo a lungo in piagnistei e recriminazioni, ma passerai all’azione con decisione.
Tu sei capo del tuo sistema di risposta alle catastrofi, il capo della tua personale Protezione Civile. Per prima cosa, se siamo in una situazione di crisi, dobbiamo preservare ciò che si è salvato e riconoscere ciò che siamo ancora. Per quanto male vada, abbiamo ancora noi stessi, i nostri valori e le nostre virtù personali che compongono la nostra identità, che è solo un affare nostro. L’identità personale è particolarmente importante per rimanere radicati e sicuri. E tenere a mente di continuo chi sei e per che cosa vivi può aiutarti a non cadere più profondamente in una crisi emotiva. Fatta questa premessa, vediamo le risposte che di solito, nella gestione manageriale della catastrofe imprevedibile e imprevista, possono e vengono messe in atto. Ispirarsi alla tecnica del triage dei reparti del Pronto Soccorso. Questa è l’azione immediata che deve essere intrapresa per evitare di perdere vite. Bisogna capire qual è il danno ricevuto, che conseguenze primarie ci sono e su quali dobbiamo intervenire per prime. Alla luce di ciò che succede, come potrebbe la mia vita cambiare in futuro? Come potrebbe cambiare in meglio? Come potrebbe cambiare in peggio? Più prosaicamente:
• Hai in scadenza una rata del mutuo, della casa o dell’auto?
• Quali sono le necessità e le aspettative di chi ti circonda e di cui hai la responsabilità?
• Cosa ti verrà a mancare o ti verrà tolto? Ti pignoreranno le proprietà?
• Chi è in pericolo oltre a te e perché?
• Ci sono ulteriori ondate di problemi in arrivo?
• Quali?
• Quando?
Ricognizione
Successivamente bisogna raccogliere ulteriori informazioni su cosa è successo esattamente per decidere come procedere. Nel manuale Dealing with Unforeseen Situations in Flight Improving Aviation Safety3 della Académie de l’Air et de l’Espace viene spiegato agli addetti alle torri di controllo e ai piloti dell’aviazione che, in caso di imprevisto, quando il tempo disponibile per l’elaborazione e attuazione dell’azione è limitato, è necessario formulare una diagnosi esatta e avviare azioni correttive immediate. Ma è proprio qui che le limitazioni umane, banali ma inevitabili, intervengono:
• L’incapacità di gestire sequenzialmente tutte le azioni coscienti.
• La fallacia della memoria a breve termine.
• I malfunzionamenti cognitivi indotti dallo stress.
• La mancanza di attenzione che può portare a un effetto “vicolo cieco” in cui non si riescono a prendere in considerazione possibili alternative.
Due sono i consigli dell’Académie per un futuro più sereno nel mondo dell’aviazione, quando l’imprevisto arriverà:
• Semplificare i dati che arrivano al pilota.
• Modificare i ruoli e fare sì che il pilota faccia il suo meglio quando è più capace dei sistemi automatizzati o della torre di controllo, e viceversa. Per analogia, tradotto per i nostri scopi, significa che quando arriverà lo tsunami ci dovremo concentrare sui dati più importanti, ma soprattutto trovare qualcuno con cui confrontarci e a cui chiedere supporto. Confrontarsi con qualcuno di fiducia che abbia un punto di osservazione esterno è molto utile. Il fatto che non sia emotivamente coinvolto è una buona garanzia e sarà creativamente stimolato nel rispondere alle nostre domande:
• Cosa devo subito sistemare per evitare peggioramenti della situazione?
• A chi devo chiedere aiuto subito?
• Che risorse inespresse posso mettere a disposizione?
Ripartenza
A questo punto, serve stilare un piano per riportare il proprio progetto professionale in carreggiata e iniziare ad agire. Teniamo conto che esiste inoltre un sottoprodotto importante del processo di risposta alle catastrofi: l’apprendimento. L’ultima parte del processo, infatti, dovrebbe essere l’analisi della risposta che abbiamo dato per capire cosa non ha funzionato, come si è verificato l’evento e come è possibile migliorare la qualità della nostra risposta ai danni imprevisti. In tutto ciò ho due raccomandazioni: una utile nel caso tu sia già di fronte alla catastrofe, l’altra se invece ne sei ancora fuori. La prima è quella di non prenderti troppo tempo per pensare e di darti una buona dose di urgenza e pressione. Non perdere tempo è fondamentale, proprio come al Pronto Soccorso, e quindi in casi in cui ci sia molto in gioco è più importante eseguire un buon piano piuttosto che impiegare troppo tempo per provare a crearne uno perfetto. Perdere tempo per essere perfetti può costare molto in questi casi. La seconda ha a che fare con il denaro e le relazioni. L’imprevedibile è imprevedibile e non si discute, ma avere un gruzzolo da parte aiuta quasi sempre. Il denaro è una forma di energia cristallizzata e solidificata da sciogliere e usare quando serve. Raramente è meglio non avere soldi piuttosto che averne. Questa è una di quelle azioni che si possono fare a prescindere dalla imprevedibilità delle situazioni. Si chiama risparmio o, più esattamente, fondo di emergenza. Attenzione: non dovrebbe essere un piano di accumulo a lungo termine per comprare casa o auto o qualsiasi altra spesa consistente La finalità di questo fondo è quella appunto di fare fronte agli imprevisti, e quindi non dovrebbe mai essere utilizzato per comprare qualcosa né a breve né a lungo termine. È un cubo di ghiaccio nel freezer da fare sciogliere per salvarsi solo quando non ci siano alternative. Da una ricerca Ipsos-Acri di ottobre 2018, emerge che solo il 78% degli italiani potrebbe far fronte a una spesa imprevista di 1.000 euro. Mentre il 36% potrebbe affrontare un’emergenza da 10.000 euro. Lascio a te le considerazioni, perché in questi campi sono molto soggettive. Tieni conto che il denaro può essere tramutato in molte altre energie, per questo è utile in casi imprevisti. Dico in molte, ma non in tutte. Amore, amicizia, affetto, compassione, comprensione per esempio non si comprano. Sarebbe bene avere fatto degli investimenti anche in questi campi. Anche le relazioni possono dare il loro ritorno quando serve, seppure offrano minori garanzie del denaro. Le relazioni possono finire o possono durare, ma in ogni caso l’unica maniera per saperlo è coltivarle. Quando arriva l’imprevedibile, parenti e amici sono una rete fenomenale per gestire lo stress e la pressione.
Quando ci accorgiamo di avere dimenticato di essere buoni giardinieri del nostro orto affettivo è di solito tardi. Dissapori, liti, odi, indifferenze creano il deserto attorno e quando sei nel deserto la catastrofe diventa ancora più insopportabile e inaffrontabile. L’atteggiamento con il quale decidiamo di partecipare al grande gioco sociale determinerà il tipo di rete di salvataggio che si attiverà se e quando sarà il momento. È più una questione basata sul tipo di persone che scegliamo di essere nei confronti degli altri che non gli altri in sé stessi. L’investimento è più legato al nostro comportamento verso gli altri che non a che tipo di persone gli altri siano.
Essere la versione migliore di noi con gli altri, regalare amore, comprensione, compassione e dolcezza incondizionate non ha nulla a che fare con il modo in cui sono gli altri, ma è il modo migliore per accumulare le energie che il denaro non può comprare.