Fu un problema fisico quello che costrinse il mezzofondista americano Dave Wottle a una partenza lenta, nella finale degli 800 metri alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Nelle settimane che precedettero la finale, il suo allenamento fu in parte compromesso da una tendinite a entrambe le ginocchia. Ciononostante, si fece convincere dal suo allenatore a prendere parte alla gara e a viverla come una seduta di allenamento veloce in vista della prova a cui puntava di più: i 1500 metri. Pochi metri dopo la partenza Dave Wottle era già ultimo degli otto atleti, distaccato di qualche metro dal corridore davanti a lui. Dopo duecento metri era così lontano dal gruppo che la televisione ormai non lo inquadrava più e il commentatore, a un certo punto, si chiedeva addirittura se Wottle fosse infortunato. Dave non si fece scoraggiare dal distacco e continuò a correre composto e con un buon ritmo. All’inizio del secondo giro di pista Dave era sempre ultimo, ma la distanza tra lui e il gruppo si era ridotta. O lui aveva preso coraggio e aveva aumentato l’andatura o il gruppo stava rallentando.
In ogni caso Dave cominciava a rimontare. All’ingresso dell’ultima curva Dave era nella pancia del gruppo. Ora che era rientrato nell’inquadratura della televisione, voleva prendersi anche un ruolo di protagonista nella gara. A metà curva Dave Wottle superò alcuni concorrenti, ora era quarto. In quel preciso istante il commentatore intuì che stava per accadere qualche cosa di mai visto prima. Mentre gli altri corridori avevano ormai esaurito ’energia e cercavano di portarsi al traguardo alla bell’e meglio, agitando le braccia come chi non sa nuotare e cerca di rimanere a galla, Wottle sembrava avere delle energie supplementari e uno dopo l’altro superò tutti, tagliando il traguardo per primo con pochi centimetri di vantaggio sul favorito, il russo Evgeni Arzhanov, che dallo shock di ritrovarsi fianco a fianco con Wottle inciampò a pochi metri dall’arrivo. Non sapremo mai se Wottle avesse studiato a tavolino quella tattica di gara o se davvero fosse stato rallentato dalla tendinite, ma quel che possiamo dire con assoluta certezza è che non si è fatto intimidire dalla difficoltà iniziale e non ha perso la convinzione di potercela fare.

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