Chiara Luzzana
Quando non sai cosa fare, studia
La mia eredità saranno i suoni
Tempo di lettura: 3 minuti
Avevo tagliato i ponti con la musica rap e con il mondo discografico, rinunciando a un contratto di tutto rispetto. Ero di nuovo libera e alla ricerca del mio diapason interno, la frequenza che mi avrebbe riportata alla piena sintonia con me stessa. Oppure mi sarei dispersa come vento nel deserto. Quando non sai cosa fare, studia, migliorati. Ci credo e lo applico. Così mi buttai nell’ingegneria del suono e, per imparare tutto quello che potevo su ciò che per me aveva sempre rappresentato la mia ancora di salvezza, mi iscrissi a corsi professionali di cinema e motion design. Volevo comprendere a pieno tutti i settori nei quali il suono vive e trova terreno fertile.
Più tardi, i corsi di cinema e regia mi servirono per i miei stessi progetti sonori. Diventai ingegnere audio e frequentai i corsi del migliore istituto per quanto riguarda il sound design.
Ma quando venne il momento di superare l’esame finale, presso il blasonato istituto, mi resi conto che non mi interessava conquistare il classico “pezzo di carta”. Ero lì per imparare tutto ciò che potevano trasmettermi, e sentivo di averlo fatto. Pace. Non mi presentai all’esame, ma mi ritenni soddisfatta. Quel giorno stavo registrando i suoni di una cava di marmo in provincia di Carrara. Mi sentivo di nuovo integra, me stessa, mentre sperimentavo liberamente con microfoni e campionature creative. Stavo sognando di fare musica in modo diverso, ero innamorata del rumore e volevo dare voce a ciò che in apparenza non lo aveva. Ascoltare il mondo mi aiutava ad ascoltare me stessa per tradurre i fallimenti in opportunità.
Se potevo trasformare i rumori sgradevoli in musica… c’era speranza per ogni cosa sotto il cielo. Come artista facevo il pieno di gratificazioni. Come professionista ero alla canna del gas. Grazie ai corsi di cinema e motion design ero entrata in contatto con una quantità di agenzie di comunicazione milanesi. Con il fiorire di nuovi canali televisivi cresceva l’esigenza di progetti completi di audiobrand. Loghi sonori, effetti di transizione e jingle per Discovery Channel, Sky, Mediaset, Deejay tv..
Era il 2012 e mi mantenevo realizzando tutti i rumorini e i grappoli di note che identificano i canali tv. Stavo bene, ma mi mancava ancora qualcosa. Volevo crearmi il mio stile, provocando una riflessione, rompendo i soliti schemi. Il frigorifero della mia infanzia ronzava ancora in fondo al pozzo dei ricordi.
Quando la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino bandì un concorso per la creazione della colonna sonora di una mostra di arte contemporanea intitolata Press Play, mi ci buttai a capofitto. Artisti da tutto il mondo sarebbero stati esposti in una galleria prestigiosa che stava cercando un commento sonoro confacente a un’esperienza estetica innovativa. Un sogno.
Mia nonna era appena venuta a mancare. Il peso della sua scomparsa mi gravava al centro del petto come una nota cupa e persistente. Dovevo dare voce al suono della famiglia che si raccoglieva intorno al suo ricordo. Il suono di generazioni che comunicavano attraverso la memoria di rumori quotidiani. Recuperai una radio Minerva antidiluviana e cominciai a smanettarci e a percuoterla per cavarne ogni suono possibile. Poi registrai le voci dei miei nipoti, mescolai il tutto in una centrifuga sonora fatta di scaglie di vita impazzite e la chiamai Fragmento. Comporre musica attraverso i suoni dimenticati o ignorati mi restituì anni di vita. Ero di nuovo in pieno fermento creativo. Me stessa.
Condividi

Ricevi notizie sulle nuove uscite e gli eventi della casa editrice, contenuti interessanti e promozioni