Diana Nyad
Una storia di coraggio e determinazione
La vera vittoria non sta nel traguardo, ma nella capacità di rialzarsi dopo ogni caduta
Tempo di lettura: 3 minuti
I cori iniziano con un dolce canto e crescono fino a raggiungere un’adrenalinica frenesia. Le nostre voci si sprigionano dal molo di Marina Hemingway in un boato fragoroso, che si diffonde tra le strade acciottolate dell’Avana Vecchia attraversando il mare verso le lontane coste degli Stati Uniti. L’Xtreme Dream Team è composto da trentacinque persone. Siamo raccolti in gruppo. La più vicina a me, al centro, è Bonnie. Poi c’è Candace. E Mark. E John. Sono la mia ancora di salvezza.
Urlo. Il tono si fa cadenzato:
“Da dove stiamo partendo?”
Loro rispondono:
“CUBA!!!”
Aumento il livello:
“Dove stiamo andando?”
Rincarano la dose:
“FLORIDA!!!!!!!”
Siamo euforici di fede. È la nostra versione laica di un incontro religioso, con la congregazione che canta in preda alla febbre. Siamo un tutt’uno. Questo sarà il nostro momento. La nostra passione collettiva ci catapulta in uno stato alterato di fervore. Le nostre voci risuonano nell’umido tardo pomeriggio di una giornata afosa all’Avana, il 23 settembre 2011. Siamo credenti.
L’equipaggio si disperde nelle rispettive barche mentre io torno nella stanza d’albergo. Devono passare la dogana e aspettare che io esca a nuoto dalla bocca del porto di Marina Hemingway tra due ore.
Torno ai rituali silenziosi. Idratazione. Yoga. Stretching. Respirazione profonda. Una meditazione calma e concentrata. Parlo a me stessa, molto lentamente. Inspiro con una sillaba, espiro con la successiva, infondendo nel mio cervello i dettami di questa impresa forse impossibile, questa impresa che guida la mia forza vitale:
Prenditi ogni minuto, uno alla volta. Non lasciarti ingannare da un mare perfetto in nessun momento. Accetta e affronta qualsiasi circostanza ti si presenti. Sii al massimo delle tue possibilità, dando il meglio di te. Tira fuori il tuo coraggio, la tua vera grinta. Quando il corpo si indebolisce, non lasciare che si insinui la negatività della disperazione. Lasciare che le particelle di negatività si insinuino porta alla sindrome del vaso di Pandora. Non puoi fermare i dubbi una volta che permetti loro di insinuarsi nel tuo cervello stanco e indebolito. Devi imporre la tua volontà. Definiscila subito. Non lasciare che nulla la penetri o la paralizzi.
Immagino di indossare un casco di titanio prima della prima bracciata. Questa è la mia volontà. Questa forza d’animo non può essere indebolita. Dopo i nostri due fallimenti, pensiamo di conoscere tutti i possibili ostacoli che possono presentarsi durante il viaggio, ma in realtà là fuori c’è una natura selvaggia, vasta e insondabilmente potente. Questo è il monte Everest dei nuotatori, la grande impresa epica oceanica del nostro pianeta blu. Non è mai stata compiuta. I nuotatori più forti si sono cimentati nell’attraversare questo oceano fin dal 1950. Nessuno è mai riuscito a farcela da solo.
Tu puoi farlo. Ce la farai. Il mantra assume un ritmo a ogni respiro, attraverso i movimenti delle dita dei piedi e le rotazioni delle spalle. Il corpo si riscalda, si scioglie. La mente si rafforza. Lo spirito sta raggiungendo il suo necessario, indomabile livello.
Io e Bonnie, in silenzio nella stanza austera in stile comunista dell’Hotel Acuario, ci dedichiamo ai nostri rituali. Stendo una coperta sul pavimento. Rotazioni del collo, allungamenti dei tendini, torsioni del tronco. Bevo qualche bicchiere d’acqua tra un esercizio e l’altro. L’accappatoio è pronto, gli occhialini in una tasca e la cuffia nell’altra. Eppure continuo a controllare che siano lì, in modo nevrotico, più e più volte. La tuta è appesa a un gancio accanto all’accappatoio. Sento arrivare una sensazione surreale. Sono iperconsapevole delle molecole di ossigeno che viaggiano con ogni lunga boccata d’aria fino alla base del plesso solare, poi dell’anidride carbonica che risale verso le labbra. Le pieghe dell’accappatoio, che rivelano la scritta “Fearless Nyad” sulla schiena, appaiono come un milione di fili di pile e cotone che non avevo mai notato prima. L’acqua fresca mi scorre in gola come se scendesse una goccia dopo l’altra. La voce di Bonnie, a intervalli di pochi minuti, è costante, bassa, mentre mi aggiorna. Monosillabi. Non c’è bisogno di parlare. È stato detto tutto. Siamo pronti.
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