Le quattro R delle culture dell’innovazione profonda
Nelle mie ricerche affiorano costantemente quattro temi ricorrenti. Uno è la tendenza delle imprese a lasciarsi affascinare dall’innovazione superficiale e dai prodotti dell’industria dell’innovazione. Un altro è la convinzione che tutte le aziende siano ugualmente affette da una cronica penuria di buone idee mentre semmai è vero l’opposto. Ai fini di questo libro, tuttavia, contano di più alcune altre osservazioni. Se tentiamo di stabilire cosa distingue realmente le culture dell’innovazione e cosa spinge alcune a scendere molto più in profondità di al-tre, l’elenco di prima non può aiutarci più di tanto. Quasi tutte le aziende cercano di aprirsi a nuove idee, di tollerare l’insuccesso, d’incoraggiare la sperimentazione e così via. Ma solo poche ci riescono, e pochissime sono in grado di creare le condizioni che promuovono effettivamente il cambiamento. La cosa interessante è che ci sono delle affinità tra quelle che ci riescono e tra gli elementi che le accomunano. Dopo aver lavorato per oltre un decennio su questi aspetti, ho individuato quattro elementi, o valori culturali, interconnessi che definiscono le culture dell’innovazione profonda. Non tutte le culture dell’innovazione profonda li possiedono in egual misura, e non tutte devono essere ugualmente forti su tutti e quattro, ma la mancanza anche di uno solo segnala spesso che la cultura dell’innovazione di un’azienda è a rischio. I quattro elementi/valori sono, in ordine casuale:
- Rispetto.
- Reciprocità.
- Responsabilità.
- Riflessione.
Ognuno di essi accresce quella sicurezza psicologica che è imprescindibile per i membri dell’organizzazione e promuove a sua volta un coinvolgimento ulteriore nella cultura dell’innovazione dell’azienda. Nel loro insieme, le quattro R formano un tutto coeso che genera la sicurezza psicologica tipica delle organizzazioni ben funzionanti e permette di incorporare l’innovazione in un modo più profondo e più coerente. Instaurata una cultura di questo tipo, l’organizzazione può tornare a crescere da una base più solida. Sarà anche molto meno esposta al teatrino dell’innovazione, molto meno soggetta al logoramento da innovazione e molto meno incline a uccidere le idee con l’indifferenza e la resistenza passiva. Con il tempo, attingerà in misura sempre maggiore al surplus cognitivo dell’organizzazione – sempre che preservi quei valori – e imparerà a sfruttare meglio l’immaginazione e la creatività innata dei dipendenti. Esaminerò le quattro R una per una, ma si dovrebbe tener presente che naturalmente si sovrappongono e interagiscono.
Rispetto: il fondamento dell’innovazione
Se c’è un concetto, una parola, che compendia il fondamento di una sana cultura d’innovazione, è rispetto. Potrebbe sembrare un termine vago e generico, più adatto a riflessioni sulla gestione delle risorse umane e sulla diversity che a un serio dibattito sull’in-
novazione, ma è un pericoloso errore di prospettiva. Nel capitolo precedente abbiamo visto come la mancanza di rispetto possa spingere una persona a giurare di non condividere le proprie idee; e purtroppo non si tratta di un caso isolato. In più dell’80% delle aziende in cui ho identificato problemi nella cultura dell’innovazione, le persone dicevano più o meno esplicitamente che le loro idee o i loro suggerimenti non ricevevano il rispetto che pensavano meritassero. In una indagine che ha coinvolto più di ventimila persone in tutto il mondo, Christine Porath ha scoperto che il rispetto era il tratto di leadership più auspicato dai dipendenti, ma anche che negli ambienti di lavoro la mancanza di rispetto era sempre più diffusa. Anche se tutti noi capiamo istintivamente cos’è, ciò non significa che il rispetto sia facile da definire. Rispetto vuol dire semplicemente trattare le persone tenendo in considerazione i loro sentimenti o agire con riguardo nei confronti di un’altra persona.
Si può fare in un modo più implicito, per esempio ascoltando ognuno di coloro che partecipano a un meeting, o in un modo più esplicito, per esempio elogiando pubblicamente un collaboratore. Ma soprattutto, il rispetto è molto simile alla fiducia, nel senso che si potrebbe notare più facilmente per la sua assenza. Siamo straordinariamente bravi a capire quando manca. Pensate per esempio a quando un capo ignora volutamente la vostra presenza o a quando il vostro nome non figura nell’elenco dei contributor di un progetto nonostante l’input che avete dato (entrambi casi a cui ho assistito nelle mie ricerche, e in entrambi casi la persona oggetto di mancanza di rispetto si è demoralizzata). Lo si deve anche al fatto che il rispetto di fondo fa parte del contratto sociale, il modello implicito che regola le nostre interazioni. Perciò notare una mancanza di rispetto è come notare una violazione delle regole sociali; è per questo che ce la prendiamo così tanto. Ma il rispetto non è solo una questione di persone. Questa è la dimensione di cui siamo più abituati a ragionare e a parlare ma, specie nel campo dell’innovazione, il modo in cui vengono trattate le idee – con rispetto o con disprezzo – conta moltissimo.
Non potete sfruttare il surplus cognitivo di un’organizzazione se non avete preparato le persone a condividerlo e non potete creare significato in un’organizzazione nella quale le persone non si rispettano a vicenda.
Incorporare il rispetto nella cultura: una guida per i leader
Ma come si fa a rendere rispettosa una cultura? Come può un leader (e notate che qui non sto parlando solo di capi e di leader formali, ma più in generale di tutti coloro che vogliono introdurre un cambiamento significativo in una organizzazione) fare del rispetto un valore culturale? Primo, rendendosi conto che una trasformazione così importante non si può realizzare in un giorno. Il rispetto è un valore culturale la cui istituzionalizzazione effettiva può richiedere molto tempo – anche anni. In altre parole, una trasformazione di questo tipo richiede vigilanza e pazienza. Secondo, i leader devono identificare anzitutto i comportamenti che possono incorporare la cultura del rispetto in un’organizzazione.