“I media dovrebbero investire nel business delle relazioni e non soltanto in quello dei contenuti”, ha dichiarato Jeff Jarvis, docente di nuovi media alla Graduate School of Journalism di New York e creatore del popolare blog BuzzMachine. Ma questa ossessione per l’ascolto continuo riscrive anche gli assetti organizzativi delle storiche redazioni. La testata francese Le Monde ha introdotto una nuova figura nell’organigramma, peraltro in posizione apicale: il vicedirettore delle relazioni. “Vogliamo approfondire il rapporto con i nostri lettori. D’altronde la relazione evolve ed ecco perché abbiamo creato questa funzione che risponderà alle domande dei lettori e seguirà gli abbonati”, ha dichiarato nel marzo 2020 Jérôme Fenoglio, direttore di Le Monde.
Dal giornalismo al marketing: lo tsunami di questo protagonismo – tra recensioni social al vetriolo e contatti senza soluzione di continuità tramite customer care – riscrive formati, linguaggi, perimetri professionali, arrivando a incidere pure sul business. Per alcuni analisti si tratta di nuove relazioni immersive tra creator, imprese e consumatori, in questa fase segnata da una crescita esponenziale dei rischi reputazionali. D’altronde l’ascia di guerra è stata dissotterrata e la protesta corre online. “In realtà l’ascia è brandita da tempo, ma si aggiorna grazie alle leve del digitale, alle app, alle class action virtuali. Oggi bisogna temere i consumatori, non soltanto ascoltarli”, ha scritto Ryan Gilbey sul Guardian, segnalando il controllo dei fan sulle pellicole cinematografiche più amate, ossia film e remake creati e fi- nanziati dal basso. Così la moltiplicazione degli schermi e dei canali di relazione e acquisto sta dando nuova vita a un consumatore connesso, consapevole, agguerrito. Un barricadero armato di smartphone. Secondo l’indagine annuale di American Express i clienti raccontano in media a otto persone le loro esperienze positive di acquisto, mentre condividono addirittura con ventuno persone quelle negative.